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Congedo biennale e aspettativa per motivi di famiglia. Chiarimenti per la scuola

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Scuola – Si richiede cortesemente di sapere quale documentazione deve produrre un dipendente nei seguenti casi di assenza: Congedo biennale,Aspettativa per famiglia, Aspettativa per motivi personali. Si ringrazia Distinti saluti.

Paolo Pizzo – Gentile Scuola,

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Il congedo biennale per assistenza al disabile è disciplinato dall’art. 4, commi da 5 a 5 quinquies, del D.Lgs. n. 119 del 2011, novellando l’art. 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151 del 2001.

Innanzitutto bisogna sapere per quale familiare è richiesto il congedo. L’art. 4, infatti, pone un ordine di priorità ben preciso:

il congedo di cui trattasi può  essere riconosciuto al familiare o affine entro il terzo grado convivente del disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla norma, secondo il seguente ordine di priorità:

  1. il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità;
  1. il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;
  1. uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  1. uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  1. un parente o affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i  genitori, i figli conviventi e i fratelli o sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Stabilito tale ordine e che il dipendente è legittimato alla fruizione del congedo (anche in relazione ai concetti di “mancanza” e “patologie invalidanti”), bisogna soddisfare l’altro requisito che è la convivenza (circolare INPS 159/2013):

Con riferimento ai requisiti di “mancanza”, di affezione da “patologie invalidanti” e di “convivenza”:

Per quanto concerne la “mancanza”, deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono.

Ai fini dell’individuazione delle “patologie invalidanti”, in assenza di un’esplicita definizione di legge, sentito il Ministero della Salute, si ritiene corretto prendere a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale  n. 278 del 21 luglio 2000 (Regolamento recante disposizioni di attuazione dell’articolo 4 della L. 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari), che individua le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000.

Circolare Funzione Pubblica 1/2012; 13/2010:

Il diritto al congedo è subordinato per tutti i soggetti legittimati, tranne che per i genitori, alla sussistenza della convivenza. Questo requisito è provato mediante la produzione di dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. n. 445 del 2000, dalle quali risulti la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione (art. 4 del D.P.R. n. 223 del 1989). In linea con l’orientamento già espresso in precedenza, al fine di venire incontro all’esigenza di tutela delle persone disabili, il requisito della convivenza previsto nella norma si intende soddisfatto anche nel caso in cui la dimora abituale del dipendente e della persona in situazione di handicap grave siano nello stesso stabile (appartamenti distinti nell’ambito dello stesso numero civico) ma non nello stesso interno.

Sempre al fine di agevolare l’assistenza della persona disabile, il requisito della convivenza potrà ritenersi soddisfatto anche nei casi in cui sia attestata, mediante la dovuta dichiarazione sostitutiva, la dimora temporanea, ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 223 del 1989, pur risultando diversa la dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile. Le amministrazioni disporranno per gli usuali controlli al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni (art. 71 del citato D.P.R. n. 445 del 2000).

Ovviamente l’altro requisito è che il familiare sia un disabile con handicap grave.

La persona da assistere deve essere in stato di handicap in situazione di gravità e non deve essere ricoverato a tempo pieno in istituto specializzato o altro centro.

Ricordiamo che Lo «stato di handicap in situazione di gravità» è così definito dall’articolo 3, comma 3, della Legge n. 104/1992:

Qualora la minorazione, singola o plurima abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.

Pertanto il dipendente che intenda fruire del congedo deve innanzitutto presentare una  copia autenticata del certificato attestante l’handicap rilasciato dalla competente commissione medica legge 104/1992 operante presso l’Asl di riferimento, poi autocertificare il grado di parentela con il disabile, dichiarare di essere convivente con esso e che lo stesso non è ricoverato a tempo pieno in istituto specializzato o altro centro. Se fruisce del congedo per “scorrimento” di parentela rientrando nei casi di “mancanza” o “patologie invalidanti” deve autocertificare le prime (es. celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto ecc.) e produrre copia della certificazione delle seconde.

Infine deve dichiarare che da parte degli altri familiari non vi è contemporaneità di fruizione del congedo ovvero che nessun altro stia fruendo del congedo.

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Aspettativa di famiglia o personale rientrano entrambe nella stessa disciplina.

Il riferimento è il CCNL/2007 che rimanda alla disposizione tuttora vigente.

L’art. 18 comma 1 recita: L’aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. L’aspettativa è erogata dal dirigente scolastico al personale docente ed ATA. L’aspettativa è erogata anche ai docenti di religione cattolica di cui all’art. 3, comma 6 e 7 del D.P.R. n. 399/1988, ed al personale di cui al comma 3 dell’art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata dell’incarico.

Il comma 2:

Ai sensi della predetta norma [comma 1] il dipendente può essere collocato in aspettativa anche per motivi di studio, ricerca o dottorato di ricerca. Per gli incarichi e le borse di studio resta in vigore l’art. 453 del D.P.R. n. 297 del 1994.

Il dipendente è tenuto a presentare con un ragionevole anticipo (a meno di motivi urgenti e imprevedibili) motivata domanda (art. 69 del DPR n. 3/1957) redatta per iscritto, in carta semplice, indirizzata al proprio dirigente scolastico contenente la ragione per cui è richiesta l’aspettativa, la data di decorrenza e la durata dell’assenza.

Il dipendente dovrà quindi motivare la richiesta esplicitando, anche in forma riservata, le condizioni personali, familiari e di studio.

Tale richiesta può essere autocertificata o corredata da idonea documentazione (es. certificato medico di un familiare nel caso si chieda un periodo di aspettativa per assisterlo).

È utile segnalare che il Consiglio di Stato con sentenza del 29 gennaio 2003, n. 444  ha affermato che il dipendente istante è tenuto a prospettare le esigenze familiari da soddisfare, al fine dell’ottenimento del periodo di aspettativa richiesta.

Sempre il Consiglio di Stato con sentenza del’11 febbraio 1993, n. 720 ha ritenuto legittimo il provvedimento con il quale un direttore didattico ha annullato l’atto di concessione di un’aspettativa per famiglia, per mancata documentazione delle esigenze di famiglia, ed invitato l’insegnante a riprendere servizio.

Se da un lato c’è un obbligo di motivare la richiesta è anche vero che il Dirigente non può entrare nel merito dei motivi a supporto della richiesta stessa:

nel precedente CCNL comparto Scuola (2003) si faceva esclusivamente riferimento ai motivi di famiglia, mentre nel nuovo Contratto è stato aggiunto l’inciso “personali”.

Tuttavia va precisato che non esiste una casistica di “motivi familiari o personali”.

Le esigenze del lavoratore possono identificarsi con tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola (Corte Conti, sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415).

Alla luce di tale configurazione, pertanto, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all’amministrazione di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro.

In ultimo è utile ricordare che una volta che la richiesta è motivata,il dirigente può respingere la domanda o ritardarne l’accoglimento o ridurre la durata del congedo richiesto esclusivamente “per motivi di servizio”, che vanno enunciati nel provvedimento.


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