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Channel: Chiedilo a Lalla – OrizzonteScuola
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PAS Lombardia. Non è stata richiesta integrazione domanda per la primaria

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Ida - Gent.ma Lalla, le scrivo per avere informazioni in merito al Pas Lombardia. Solo oggi ho letto che l’USR ha trasmesso un modello integrativo riguardante i titoli di studio e che quest’ultimo aveva scadenza lo scorso giovedì. La mia domanda è: chi ha presentato domanda per la primaria doveva compilare tale modello integrativo? Se la risposta è affermativa cosa comporta il non averlo compilato? Grazie.

Lalla – gent.ma Ida, al momento la richiesta di integrazione della domanda presentata ha riguardato solo alcune classi di concorso. Esse sono indicate nell’avviso stesso, in cui si legge anche "Si precisa che per le classi di concorso non inserite nel presente elenco verranno fornite successive indicazioni."

Quindi, se si renderà necessario integrare la domanda, comparirà apposito avviso. Ti consigliamo di controllare in maniera sistematica il sito dell’USR in questo periodo.

Pas Lombardia: richiesta integrazione autocertificazione titolo di studio di accesso


PAS: ho scelto la A030. Il mio nominativo dovrà comparire anche nell’elenco A029?

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Giulia - Ciao Lalla, mi sono iscritta ai PAS (lombardia) per la classe A030 (educazione fisica alle medie). In questi giorni sono usciti gli elenchi di alcune classi di concorso compresa la A029 (educazione fisica alle superiori) ma il mio nominativo non risulta nell’elenco. Mi sorge un dubbio: per l’effetto a cascata mi dovevo iscrivere alla A29 o usciranno anche gli elenchi per la A030? A chi mi posso rivolgere per chiedere informazioni in merito? Grazie per l’interessamento.

Lalla - gent.ma Giulia, se hai richiesto di partecipare al corso per la classe di concorso A030 sarebbe stato quanto mai inverosimile che il tuo nominativo potesse comparire nell’elenco della A029.

La pubblicazione effettuata dall’USR il 14 novembre riguarda solo alcune classi di concorso

e cioè A013, A019, A20, A029, A036, A038, A039, A042, A047, A049, A051, A060

Gli elenchi delle altre classi di concorso saranno pubblicati successivamente. Se i requisiti presentati saranno considerati in regola ritroverai il tuo nominativo nell’elenco di A030, e seguirai il corso per la A030.

Solo una volta acquisita l’abilitazione sarà applicabile il principio della cascata secondo quanto stabilito dalla nota del 9 ottobre 2012 e chiarito nei nostri articoli nel periodo di compilazione delle domande.

http://diventareinsegnanti.orizzontescuola.it/2013/08/05/pas-la-scelta-della-classe-di-concorso-le-abilitazioni-saranno-a-cascata/

Specializzazione sostegno: le Università hanno delle scadenze per la pubblicazione dei bandi?

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Silvia - Salve, vorrei gentilmente avere informazione su una pubblicazione di un bando per il sostegno. Sul sito dell università di pisa c e scritto che nn appena il rettore avrà firmato il bando verrà pubblicato. Secondo lei ..c e possibilità che venga pubblicato oppure devo iscrivermi a firenze? Attualmente vedo uscire bandi di altre città. ..ma nn quella.

Il problema è che lavorando e con una famiglia firenze diventerebbe problematico x la frequenza. Entro quando le università hanno obbligo di pubblicare il bando? La ringrazio anticipatamente.

Lalla - gent.ma Sivia, l’Università di Pisa non è l’unica a non aver pubblicato il bando, come potrai renderti conto un rapido colpo d’occhio alla tabella. L’Università di Pisa almeno ha già predisposto un’apposita pagina, ci sono altre università che non hanno avuto questa accortezza.

Non esistono scadenze per la pubblicazione dei bandi, anche se considera che i corsi dovranno essere effettuati nel corso dell’a.a. 2013/14 e non potranno avere durata inferiore ad 8 mesi. Per questo motivo le varie Università stanno collocando le selezioni tra dicembre e gennaio, per poter poi avviare le lezioni.

Non si può ancora affermare che l’Università di Pisa sia in ritardo. D’altronde il bando per Firenze scade il 9 dicembre, per quella data magari saremo riusciti a sapere qualcosa in più anche per questa Università.

Sanzioni qualora dovessi dimettermi perchè non potrò conciliare PAS + supplenza

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Giulia – Carissima Lalla, da novembre ho in corso una supplenza di 6 ore fino a 30.6.2014. Avendo i requisiti, a breve dovrei avere la comunicazione per il corso ai PAS. Ho già preventivamente fatto la domanda per le 150 ore di permesso, ma se la supplenza non si conciliasse con il corso:cosa accadrebbe se fossi costretta a chiederne la rinuncia; quale sarebbe la sanzione; il servizio prestato sarà riconosciuto fino all’ultimo giorno. In attesa di una risposta e soprattutto un consiglio su questo quesito./p>

Lalla – gent.ma Giulia, ci auguriamo che tu non debba essere costretta a prendere tale decisione, d’altronde 6 ore dovrebbero essere piuttosto conciliabili, anche se considera che le ore di permesso ti saranno attribuite in proporzione all’incarico.

Ti indico quale sarebbe la sanzione per l’abbandono dell’incarico. Essa è contenuta nell’art. 8 del Regolamento delle supplenze

"Supplenze conferite sulla base delle graduatorie di circolo e di istituto:

  1. l’abbandono del servizio comporta la perdita della possibilità di conseguire supplenze, conferite sulla base delle graduatorie di circolo e di istituto, per tutte le graduatorie di insegnamento. "

Il punteggio ti sarebbe conferito sino all’ultimo giorno di servizio. Per avere i 12 punti occorre un servizio di 6 mesi (5 mesi + 16 giorni).

Il congedo per cure per gli invalidi non è il congedo per “cure termali”

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Scuola – Una Docente della mia scuola ha un’invalidità per aver subito un intervento di protesi e ha anche altre patologie per un tot. del 68% di invalidità. Questa viene definita invalidità civile? Se così fosse, superando il 50%  avrebbe diritto fino a 30 gg. di cure termali (cioè due cicli) l’anno vero?

Paolo Pizzo – Gentile Scuola,

è utile una premessa.

Il congedo straordinario retribuito per “cure termali” non esiste più.

L’art. 22 comma 25 della legge 724/1994 ha così disposto: “Il comma 42 dell’art. 3 della legge 24/12/1993, n°537, è sostituito dal seguente: Salvo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 37 del testo unico approvato con DPR 3/57, sono abrogate tutte le disposizioni, anche speciali, che prevedono la possibilità per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui all’art. 1 comma 2 del decreto legislativo nº29/93 [oggi trasfuso nel D.Lgs. 30/03/2001, n. 165], e successive modificazioni ed integrazioni, di essere collocati in congedo straordinario, oppure in aspettativa per infermità per attendere alle cure termali elioterapiche, climatiche e psammoterapiche”.

Il comma 3 dell’art.13 della legge 638/1983 aveva comunque disposto:

“per i lavoratori dipendenti pubblici e privati le prestazioni idrotermali possono essere concesse, fuori dai congedi ordinari e dalle ferie annuali, esclusivamente per effettive esigenze terapeutiche o riabilitative connesse a stati patologici in atto, su motivata prescrizione di un medico specialista delle unità sanitarie locali, ovvero limitatamente ai lavoratori avviati alle cure dall’INPS o dall’ INAIL, su motivata prescrizione dei predetti istituti”.

Pertanto, le cosiddette “cure termali” possono avvenire solo durante un periodo di ferie. Eccezionalmente, però, tali cure si possono imputare all’assenza per malattia (o malattia per causa di servizio)  per effettive esigenze terapeutiche o riabilitative connesse a stati patologici in atto certificati. Le assenze rientreranno nel periodo di comporto.

Detto questo, il congedo per cure per gli invalidi è di natura diversa rispetto alle “cure termali” e non va con esso confuso.

Il D.Lgs 119 del 18 Luglio 2011, che ribadisce l’abolizione del congedo straordinario per “cure termali”, dispone all’art. 7 commi 1-3 che:

i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni.

Il congedo di cui al comma 1 è accordato dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.

Durante il periodo di congedo, non rientrante nel periodo di comporto, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. Il lavoratore è tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure. In caso di lavoratore sottoposto a trattamenti terapeutici continuativi, a giustificazione dell’assenza puo’ essere prodotta anche attestazione cumulativa.”

Pertanto, ai fini della fruizione dei 30 gg., il dipendente deve fornire una certificazione di invalidità civile superiore al 50% e contestualmente la richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.

Fatto questo, il dirigente dovrà accordare la fruizione dei giorni i quali dovranno essere esclusi dal periodo di comporto.

Questione scatti e pensione

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Dina – insegno scuola primaria Veneto a tempo indeterminato. Nel mio cedolino c’è scritto scadenza contratto 31/8/2014. Ho capito che gli scatti non vengono conteggiati per la pensione, ma a settembre 2014 avrò l’aumento dello stipendio per l’effetto del passaggio di gradone oppure, come temo di aver capito, anche quelli sono bloccati? Grazie e cordiali saluti.

FP (Assistente Amministrativo) – Salve Dina,

in riferimento alla sua richiesta di chiarimento, in premessa si chiarisce quanto segue:

l’art. 9 comma 23 della L. 122/2010 blocca la progressione della carriera del personale della scuola per il triennio 2010/2012 e specifica che il servizio resso in questi anni non è utile ai fini della progessione della carriera:

“Per il personale Docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario della Scuola, gli anni 2010,2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti”.

Successivamente:

- il D.I. n. 3 del 14/01/2011 secondo quanto previsto dall’art. 2, ha recuperato l’utilità del servizio prestato nel 2010 e ha previsto che se ci saranno delle economie, queste potranno essere utilizzate per recuperare gli anni 2011 e 2012;

- l’accordo tra le OO.SS. e l’Aran del 13/03/2013 ha di fatto consentito il recupero ai fini della progressione della carriera del 2011, attraverso le economie accertate.

Ad oggi risultano recuperati 2 dei 3 anni di blocco.

L’indicazione presente sul suo cedolino, indica la scadenza dell’attuale gradone e il passaggio nella fascia stipendiale successiva.

Occorre da subito chiarire che per effetto del D.P.R. n. 122 del 4/09/2012, pubblicato sulla G.U. del 25/10/2013 – serie generale n. 251 – l’art. 1 comma 1 lettera B prevede:

proroga il mancato riconoscimento ai fini della carriera del servizio reso nel corso dell’anno 2013.

Pertanto la scadenza di cui sopra (31/8/2014) sarà posticipata di 12 mesi.

Come indicato nell’art. 9 comma 23 della L. 122/2010, il blocco riguarda solo la progressione della carriera, pertanto gli anni restano validi ai fini del diritto e della misura della pensione.

Il riscatto dell’anno di aspettativa è valido ai fini pensionistici

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Giulia – Buongiorno,tra due anni (settembre 2015)  dovrei andare in pensione anticipata (42 anni di servizio). Se per motivi di famiglia chiedo un anno di aspettativa, pagandomi i contributi volontari, mi resta il diritto a pensione? Grazie.

FP (Assistente Amministrativo) –  Salve Giulia,

la L. 214/2011 individua i nuovi requisiti pensionistici in vigore dal 2012.

Nella fattispecie per il 2015, la pensione anticipata, tenuto conto dell’anzianità contributiva, si matura al raggiungimento di:

- 42 anni e 6 mesi di per gli uomini;

- 41 anni e 6 mesi per le donne.

L’istituto che permette di continuare la contribuzione in caso di aspettativa per motivi di famiglia/studio è dato dalla cosiddetta: contribuzione/prosecuzione volontaria.

Il D.Lgvo n. 184 del 30/04/1987 entrato in vigore il 12/07/1987, ha introdotto all’art. 5 anche per i dipendenti pubblici la possibilità di proseguire volontariamente il versamento dei contributi in caso di interruzione o cessazione del rapporto di lavoro.

L’autorizzazione alla prosecuzione volontaria è concessa qualora l’interessato possa far valere:

- 5 anni di contributi effettivi riferiti a qualsiasi epoca ovvero 3 anni di contributi effettivi nel quinquennio precedente la domanda;

- 1 anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda per coloro che svolgono dal 31/12/1996 in poi un lavoro a tempo parziale;

- 1 anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda per coloro che scologno una attività di lavoro dipendente in forma stagionale, temporanea e discontinua, per i periodi successivi al 31/12/1996 e non coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa.

La circolare n. 11 del 17/05/2008 dell’Inps gestione Ex Inpdap, precisa al punto 1:

“con la presente, si chiarisce che la facoltà di proseguire volontariamente il versamento contributivo è ammessa non solo per raggiungere il diritto alla pensione ma anche per incrementarne la misura.”

Pertanto l’anno di aspettativa così valutato è valido sia al raggiungimento del requisito pensionistico che alla misura della pensione.

Si ricorda, che come previsto dalla Circolare Inps n. 12 del 25/01/2013, dal 4/04/2013 la modalità di trasmissione dell’istanza di prosecuzione volontaria (e non solo) avviene via:

- Web – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto;

- Contact Center Integrato – n. 803164;

- Patronati.

Esclusa dal PAS, ma non ha mai presentato domanda

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Maria – Gentilissimi, questa estate ho compilato la domanda per i PAS. Poichè per pochi giorni non riuscivo ad avere le 3 annualità di 180 giorni ho pensato alle eventualità di un ricorso e mi son fatta i conti in tasca oltre che valutare i pro e i contro. Alla fine ho pensato di lasciar perdere e catapultarmi in eventuali prossimi TFA ordinari pertanto non ho mai inoltrato la domanda. Infatti ho ricevuto le mail ministeriali che mi ricordavano la scadenza del bando stesso e inoltre nell’archivio della mia pagina POLIS non risulta alcuna domanda. Come mai sono presente nell’elenco degli esclusi pur non avendo MAI inoltrato alcuna domanda?

Lalla - misteri di Istanze on line. Certo non può esserci altra spiegazione logica rispetto a quella secondo cui la domanda è stata comunque considerata acquisita, in un modo o nell’altro. Sarebbe stato ancora più eclatante se avessi ritrovato il tuo nome nell’elenco degli ammessi :-)

Questo però ci porta ancora una volta a dubitare del sistema che il Ministero utilizza per l’inoltro delle domande, un sistema che più volte ha messo in evidenza i propri limiti (soprattutto nella procedura relativa al concorso ordinario) e che nel momento in cui deve gestire accessi contemporanei molto consistenti va in tilt.

Così ci è capitato che alcuni non abbiano potuto portare a termine la procedura, o che non trovino più in archivio domande sicuramente presentate, che ci si potesse iscrivere ai corsi senza mai avere inoltrato la domanda è veramente il primo caso (non è che si tratta di omonimia?)


Assemblee sindacali: la partecipazione del personale scolastico è volontaria. Non è richiesta firma di presenza alla riunione

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Elisa – Gentile redazione, sono una mamma che ha un quesito da sottoporvi: in una scuola primaria capita spesso che venga indetta una assemblea sindacale per gli insegnanti ma quasi mai si riesce a svolgere perche gli insegnanti stessi che aderiscono poi
non si presentano; posso sapere chi è che è deputato a controllare la presenza degli insegnanti che aderiscono alla assemblea? Ho discusso con una di queste insegnanti che mi ha risposto che loro possono fare ciò che vogliono e la direttrice dell’istituto mi ha detto che lei non può controllare; ma davvero l’insegnante ha la facoltà di aderire alle assemblee sindacali e poi non presenziare alle stesse andando a fare le cose piu disparate come la spesa? Grazie

Lalla - gent.ma, la norma principale che regola la fruizione delle assemblee sindacali è l’art. 8 del CCNL vigente

Caratteristiche delle assemblee sindacali svolte in orario di lavoro

  • ogni dipendente può fruire di max n. 10 ore per ciascun anno scolastico
  • la partecipazione all’assemblea non comporta alcuna decurtazione della retribuzione
  • si svolgono all’inizio o, di norma, al termine delle attività didattiche giornaliere di ogni scuola interessata all’assemblea
  • ciascuna assemblea può avere una durata massima di 2 ore se si svolge a livello di singola istituzione scolastica o educativa nell’ambito dello stesso comune. La durata massima delle assemblee territoriali è definita in sede di contrattazione integrativa regionale, in modo da tener conto dei tempi necessari per il raggiungimento della sede di assemblea e per il ritorno alla sede di servizio.
  • non possono essere svolte assemblee sindacali in ore concomitanti con lo svolgimento degli esami e degli scrutini finali.

L’adesione all’assemblea da parte del personale interessato (docenti o Ata) è volontaria, e può riguardare l’intera durata della stessa o solo una parte.

Il dipendente non ha obbligo di firma nè in entrata nè in uscita dall’assemblea, nè il Dirigente Scolastico può controllare l’effettiva partecipazione all’assemblea del personale che ha aderito. Può accadere per es. che il docente si rechi all’assemblea, partecipi per la prima mezz’ora, ritenga non proficua la parte successiva e decida di andare via (si tenga conto ad es. che spesso le organizzazioni sindacali organizzano le assemblee affrontando vari argomenti, alcuni interessano solo il personale precario, altri solo i docenti a tempo indeterminato, altre questioni sono più generali, per cui si può decidere di partecipare solo ad una parte della riunione.

Non esistono dunque vincoli alla partecipazione, è un diritto aderire, ma non è obbligatorio attestare la propria presenza (a volte i sindacati predispongono un foglio firme, ma è una rilevazione statistica, non formale). Considera che anche la sola adesione può essere un segnale significativo per comunicare alle famiglie le difficoltà del personale della scuola e che è possibile utilizzare lo stesso periodo di tempo per reperire informazioni anche presso altri canali.

Capita, inutile negarlo, che ci sia il docente che ha aderito all’assemblea e poi non partecipa. Questo atteggiamento naturalmente danneggia coloro che invece credono allo spirito e alla valenza con cui gli incontri sono organizzati, nonchè destabilizzare i genitori che incontrano i docenti al supermercato pur sapendo che le attività didattiche per i figli sono state sospese.

Lungi dal voler proporrre una giustificazione, che non ha bisogno di esistere, bisogna comunque ricordare che ogni docente non può usufruire di più di 10 ore per anno scolastico e considerato che difficilmente le assemblee difficilmente vengono indette tutte nello stesso periodo, le 10 ore non dovrebbe incidere più di tanto sull’attività didattica (sappiamo anche che spesso nella scuola di infanzia e primaria i docenti concordano la partecipazione alle assemblee a turno pur di non lasciare scoperte le classi o costringere ad uscite anticipate che potrebbero mettere in difficoltà i genitori).

Ci sembra strano invece che lei affermi che addirittura l’assemblea non si svolga perchè vada deserta, e questo per più volte consecutive. E’ un caso che non conoscevamo, dovrebbe far riflettere le organizzazioni sindacali provinciali, magari sbagliano qualcosa nell’organizzazione.

60 anni di età e 39 di servizio: in pensione quando?

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Dora – Ho letto con interesse la risposta alla mail In pensione quando?,sono una docente di scuola media superiore  con 60 anni di età e 39 anni si servizio:quando potrò andare in pensione? Grazie.

FP – Gentile Dora,

la prima possibilità prevista dalla normativa che le permette di andare in pensione, è disciplinata dalla  L. 243/2004, nella fattispecie dall’art. 1 comma 9:

“In via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all’accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un’età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180.”

(L’età indicata dovrebbe essere aggiornata  per l’effetto dell’aumento dell’aspettativa di vita: 3 mesi).

Pertanto, in considerazione dell’età anagrafica (60 anni) e dell’anzianità contributiva (39anni), possiede entrambi i requisiti previsti dalla suddetta normativa e quindi andare in pensione dal 1/09/2014, con il calcolo della pensione completamente contributivo.

Oltre alla suddetta possibilità,  la L. 214/2011 individua i requisiti per la pensione di vecchiaia e anticipata.

Requisiti per pensione di Vecchiaia – Tenendo in considerazione l’età: 

01/01/2013 al 31/12/2015 66 anni e 3 mesi

01/01/2016 al 31/12/2018 66 anni e 7 mesi (dal 2016 sono dati di stima)

01/01/2019 al 31/12/2020 66 anni e 11 mesi

01/01/2021 al 31/12/2022 67 anni e 2 mesi

Vista la data di nascita, presunta, della docente (ci ha indicato solo l’età) - 01/09/1953 -, raggiunge i 67 anni nel 2020.

Pertanto maturerà il diritto alla pensione per vecchiaia dal 1/09/2020, quando il requisito previsto è di 66 anni e 11 mesi.

Requisiti per pensione Anticipata – Tenendo conto dei contributi (per le donne): 

01/01/2013 al 31/12/2013 41 anni e 5 mesi

01/01/2014 al 31/12/2015 41 anni e 6 mesi

01/01/2016 al 31/12/2018 41 anni e 10 mesi (dal 2016 sono dati di stima)

Considerata l’anzianità contributiva, presunta, al 1/09/2013 di 39A e aggiungendo a questa 3 anni (2014-2015-2016), ha una anzianità al 31/08/2016 di 42A.

Pertanto maturerà il diritto alla pensione anticipata dal 1/09/2016 all’età di 63 anni e con 4 anni di anticipo rispetto a quella prevista con i requisiti di vecchiaia.

Si precisa, che la situazione appena illustrata potrebbe subire della variazioni in virtù di una data di nascita e di una anzianità contributiva diversa da quella ipotizzata dal sottoscritto.

Supplenza e maternità durante e fuori nomina

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Franca – chiedo la vostra consulenza perché mi sto muovendo da poco nel mondo della scuola, perciò per me è tutto nuovo. Io sto lavorando alla scuola dell’infanzia, ho  accettato un posto di sostegno per 25 ore settimanali fino ad avente  diritto (presumibilmente fino al 30 giugno). Volevo sapere come funziona  nel caso di un’eventuale maternità. Sarò retribuita fino a fine incarico  o fino a fine maternità? E il punteggio si matura fino a fine incarico o  maternità? O fino al giorno di servizio effettivo? La maternità sarà coperta fino al terzo mese dopo il parto o fino al sesto essendo lavoro a rischio? Ringrazio anticipatamente per le risposte sempre preziose e indispensabili. Distinti Saluti.

Paolo Pizzo – Gentilissima Franca,

se il termine del contratto  di  un  supplente  avviene  durante il periodo  del  congedo di maternità o tale periodo di congedo avviene dopo il termine del contratto (es. entro 60 gg.), l’indennità di maternità è nella misura pari all’80% dell’ultima retribuzione percepita o, comunque, di quella che sarebbe spettata nel mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l’astensione o l’interdizione, salvo che non venga stipulato, anche con un’altra scuola, un nuovo contratto per supplenza (in questo caso l’indennità  ritorna  ad  avere  natura  retributiva  e  corrisposta  al  100%,  con  relativo riconoscimento del punteggio, dei contribuiti e del servizio).

La pratica dell’indennità fuori nomina, così come quella percepita durante la nomina,  è sempre a carico della scuola (l’ultima in cui il personale ha prestato servizio) e non dell’INPS/INPDAP.

Nel tuo caso, quindi, quando la maternità cade nel periodo di nomina non cambia nulla in quanto sei sotto contratto e di conseguenza la retribuzione, la contribuzione e il punteggio ti sarà riconosciuto “normalmente”; per eventuali periodi di maternità fuori nomina, invece, l’indennità sarà all’80% (fino ai 3 mesi dopo il parto) ma non sarà utile ai fini del riconoscimento del punteggio (non sei infatti sotto contratto).

Durante il periodo di sospensione delle lezioni il docente è in servizio

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Liliana – avrei bisogno di sapere se durante le vacanze di Natale le docenti devono considerarsi a disposizione della scuola? grazie per la cortese disponibilità.

Paolo Pizzo – Gentilissima Liliana,

quando si tratta di periodo di “sospensione delle lezioni” come può essere quello delle vacanze di Natale o di Pasqua ma la scuola è “funzionante”, i docenti devono comunque essere considerati in servizio, per esempio per le attività funzionali all’insegnamento.

È utile a tal proposito precisare che eventuali attività funzionali all’insegnamento (collegi, consigli ecc.) devono comunque essere stati programmati e inseriti nel Piano delle attività deliberato ad inizio anno.

Sorveglianza allievi all’uscita dalla scuola

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Francesco – volevo un chiarimento circa la seguente situazione:n Orario scolastico fine lezioni ore 13.00;  i genitori di un alunno disabile vengono a prendere il figlio costantemente in ritardo ore 13.15 – 13.20 anche 13.30. La mia domanda: chi deve vigilare (se siamo obbligati) docente o collaboratore scolastico? Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissimo Francesco,

se la situazione descritta si ripete più volte è bene che ne parliate col dirigente. Il docente, infatti, neanche con un ordine di servizio è tenuto a rimanere lì ad aspettare il genitore per un lasso di tempo di tale entità e ripetuto nel tempo.

Argomentiamo la risposta premettendo comunque che la situazione è alquanto complessa.

L’art. 29 del CCNL/2007 stabilisce al comma 5 che il docente è tenuto ad “assistere all’uscita degli alunni”.

Tale norma non deve essere presa alla lettera ed è sicuramente “debole” e quindi non basta per affrontare interamente la questione di cui al quesito.

Il tema della vigilanza degli allievi, soprattutto se minori, è molto delicato e anche se negli ultimi anni la giurisprudenza ha spostato l’attenzione soprattutto sulla responsabilità della scuola e dei docenti durante i viaggi di istruzione, quello della vigilanza degli allievi nei luoghi scolastici e perfino appena fuori da essi (cortile, tragitto casa-scuola) è un problema  all’ordine del giorno in tutte le scuole.

Partiamo dal principio stabilito dalla Cassazione che orami è consolidato:

“…l’accoglimento della domanda di iscrizione con la conseguente ammissione dell’allievo a scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale , dal quale sorge l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danni a sé stesso ”.

Sempre la Cassazione nel ’96:

L’arco temporale di tale obbligo (obbligo di vigilanza) perdura, senza soluzione di continuità, dal momento in cui ha avuto inizio l’affidamento dello studente alla scuola fino a quando il minore, riconsegnato ai genitori o lasciato in luogo dove, secondo la normalità, non sussistono situazioni di pericolo, rientra ad ogni effetto giuridico nell’alveo della sorveglianza parentale“.

E nel ’99:

L’istituto di istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati, e quindi fino al subentro, reale o potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate”.

A mio avviso è molto utile e importante un intervento dell’Avvocatura dello Stato di Bologna (Vigilanza alunni all’uscita dall’istituto scolastico – Parere. Nota del 4 dicembre 2000, n. 21200) che così conclude:

“…Al riguardo, sul piano giuridico, può ritenersi scriminante e congruo (e, quindi, difendibile anche sull’eventuale terreno giudiziario) un atteggiamento degli organi dell’istituto scolastico che, seppure non idoneo a risolvere il problema in via definitiva, passi attraverso: a) la formale esplicitazione (attraverso, ad esempio, circolari alle famiglie) della non accettazione da parte della scuola di autorizzazioni all’uscita degli alunni non accompagnati; 2) la richiesta ai genitori della formale e nominativa indicazione di soggetti (maggiorenni) cui delegare l’attività di ritiro degli alunni da scuola (comprendendo ovviamente anche i genitori di compagni di classe); c) il coinvolgimento della amministrazione locale, ove possibile, al fine della più idonea organizzazione del servizio di trasporto scolastico; d) la previsione e gestione di attività didattiche o ricreative complementari od integrative, che possono essere offerte anche al fine di cui ci si occupa, oppure di servizi di semplice e più limitata accoglienza degli alunni“.

L’istituto comprensivo di Bernareggio (MB), che ringraziamo, ha elencato in questo articolo diverse sentenze sull’argomento.

C’è però da dire, e va detto chiaramente, che nel caso di cui al quesito, cioè quando all’uscita da scuola si attende invano il genitore che deve venire a ritirare il proprio figlio, se da una parte la scuola e nella fattispecie il docente dell’ultima ora ha l’obbligo di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati, e quindi fino al subentro, reale o potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate, dall’altra il docente non deve e non può supplire il genitore nell’inadempienza, soprattutto quando il comportamento dello stesso genitore è reiterato nel tempo.

In questi casi, quindi, trascorso un tempo ragionevole (che possono essere 5 o 10 minuti), il docente a mio avviso può lasciare il minore in custodia al collaboratore scolastico, nell’attesa che arrivi il genitore. E ovviamente questo può accadere uno o due volte, non certo può essere una prassi, altrimenti ciò si andrebbe a configurare per il docente come un’attività che non rientra nel Contratto.

C’è da aggiungere, e ritorno quindi al concetto espresso all’inizio, che nessuna azione deve essere intrapresa dal collaboratore e dal docente senza preavvisare il Capo di Istituto o se non vi sia un ordine scritto (ordine scritto che a mio avviso deve comunque essere evitato o meglio sostituito da un regolamento).

In conclusione, casi come quello da te descritto devono obbligatoriamente essere regolamentati dalla scuola la quale deve porre in atto tutti i sistemi, compreso quello  di prevedere per il collaboratore scolastico un compenso a carico del fondo di istituto, per tutte le attività che si configurano di particolare responsabilità, rischio o disagio.

E quella da te descritta vi rientra sicuramente.

Domanda di allattamento quando è sospeso dal congedo parentale

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Giulia – a settembre ho presentato domanda di allattamento alla segreteria della mia  scuola (mio figlio e’ nato lo scorso aprile), dopo aver preso servizio ad  ottobre mi sono avvalsa di un mese di congedo parentale. Al mio rientro a  lavoro dovevo ripresentare nuovamente la domanda di allattamento? Grazie.

Pizzo Paolo  – Gentilissima Giulia,

a mio avviso non c’è bisogno di rifare la domanda in quanto il periodo di allattamento è stato solo “sospeso” da altro congedo. Inoltre, se con il dirigente avevi già stabilito l’orario e le classi in cui effettuare le lezioni a seguito della riduzione, è inutile andare a parlare di una situazione che è già consolidata.

Giova  in ultimo ricordare che a differenza del congedo parentale la riduzione oraria per allattamento non è regolamentata da termini di preavviso da rispettare per ottenere il beneficio.

Supplenza e vacanze di Natale

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Fabrizio – Al momento ho un contratto su una maternità, la docente titolare ha intenzione di rientrare venerdì 20 Dicembre (giorno precedente la chiusura per le festività) per poter così godere del pagamento delle ferie natalizie. Probabilmente rientrerà il 7 Gennaio 2014 per poi riassentarsi dall’8 Gennaio.

Come si deve comportare in questo caso la scuola? Ho diritto ad un nuovo contratto per la continuità didattica o dovranno riconvocare le graduatorie? Un’ultima domanda: è realmente necessario alla docente titolare dover rientrare almeno un giorno per poter vedersi retribuire le ferie o ne potrebbe fare a meno? Ho il dubbio che voglia far riconvocare le graduatorie per favorire una persona che si trova prima di me nella graduatoria di questa scuola. Grazie mille per il suo aiuto.

Paolo Pizzo – Gentilissimo Fabrizio,

1

Se la docente titolare rientra l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze interrompe a tutti gli effetti la tua supplenza perché rientra fisicamente in classe. Pertanto, l’8 gennaio, constatata l’assenza della titolare, la scuola dovrà necessariamente riscorre la graduatoria delle supplenze.

2

La questione è ogni anno oggetto di pareri e interpretazioni diversi  anche a livello economico da parte delle Ragionerie Provinciali del Tesoro (alcune Ragionerie, purtroppo, attribuiscono d’ufficio i giorni di vacanza in conto congedo parentale anche senza la volontà del docente che interrompe il congedo il 22 dicembre e lo riprende il 7 gennaio).

La nostra tesi, sempre  a meno di smentita da parte del MIUR, è quella secondo cui trattandosi di un periodo di sospensione delle lezioni e non di festività, il docente può assentarsi fino all’ultimo giorno prima delle vacanze, effettuare una ripresa di servizio formale e riassentarsi poi alla ripresa delle lezioni.

A nostro avviso così facendo il periodo delle vacanze non deve essere ricompreso nell’assenza. Questo perché durante tale periodo il docente deve essere considerato in servizio per eventuali attività programmate al di fuori dell’insegnamento.

Il tutto anche in analogia con quanto afferma l’ARAN per il conteggio del sabato e della domenica come periodo di malattia:

“Come si devono considerare le giornate di sabato ed domenica intercorrenti tra due periodi di assenza per malattia?

“Si fa presente che la Ragioneria Generale dello Stato – IGOP prot. n. 126427 del 16 gennaio 2009 con un parere  richiesto dal Dipartimento della Funzione Pubblica sull’art.71 del D.L. 112/2008 chiarisce che “con riferimento all’individuazione della retribuzione giornaliera il relativo computo va effettuato in trentesimi dal momento che, secondo il consolidato orientamento in materia di servizio, le giornate di sabato e domenica intercorrenti tra due periodi di assenza malattia vengono anch’esse considerate assenze per malattia e assoggettate alla decurtazione del trattamento economico accessorio”.

Per quanto riguarda l’eventualità che il sabato previsto come giornata libera sia compreso tra due periodi di assenza per malattia  si considera, a parere dell’Agenzia, un unico periodo di assenza per malattia se il docente NON SI SIA RESO DISPONIBILE per la ripresa in servizio.”

 


I corsi di aggiornamento sul curricolo o sull’autismo devono “passare” dal collegio dei docenti

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Martina –  nel mio istituto comprensivo per due volte consecutive ci sono stati imposti come obbligatori dei corsi di aggiornamento (uno sulle nuove indicazioni per il curricolo, l’altro sull’autismo), semplicemente perché la scuola “li deve pagare” e senza che nessuna categoria di docenti li abbia richiesti. Siccome in passato, in altre scuole, i corsi di aggiornamento venivano proposti e votati in collegio docenti, vorrei capire se questa procedura è regolare e se, eventualmente, è possibile avere una sorta di esonero o di riduzione di frequenza tipo un numero di assenze consentite. Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Martina,

i corsi descritti nel quesito non sono ritenuti obbligatori e in ogni caso andavano deliberati dal collegio dei docenti.

Argomentiamo la risposta.

L’art. 64/1 del CCNL/2007 afferma che “La partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità”.

Non è contenuta in tutto l’art. e in quelli a seguire la parola “obbligo o dovere”.

L’art. 65/1 dispone che “Alle istituzioni scolastiche singole, in rete o consorziate, compete la programmazione delle iniziative di formazione, riferite anche ai contenuti disciplinari dell’insegnamento, funzionali al POF, individuate sia direttamente sia all’interno dell’offerta disponibile sul territorio, ferma restando la possibilità dell’autoaggiornamento.”

Come lo dispone la scuola?

Lo dice l’art. 66: “In ogni istituzione scolastica ed educativa il Piano annuale delle attività di aggiornamento e formazione destinate ai docenti è deliberato dal Collegio dei docenti coerentemente con gli obiettivi e i tempi del POF, considerando anche esigenze ed opzioni individuali. Analogamente il DSGA predispone il piano di formazione per il personale ATA.”

Attenzione però a questo passaggio:

L’art. 29/1 afferma che “L’attività funzionale all’insegnamento è costituita da ogni impegno inerente alla funzione docente previsto dai diversi ordinamenti scolastici. Essa comprende tutte le attività, anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione, compresa la preparazione dei lavori degli organi collegiali, la partecipazione alle riunioni e l’attuazione delle delibere adottate dai predetti organi.”

Una volta quindi che il collegio delibera il corso di aggiornamento la frequenza è vincolante per tutti i docenti, a meno che il docente non ha fatto rilevare e fatto inserire a verbale il suo dissenso o comunque la sua volontà a non partecipare al corso.

A mio avviso questo passaggio è importante, perché dal momento che una delibera collegiale non può rendere obbligatorio un corso di aggiornamento perché ciò non è stabilito dal Contratto, e quindi andrebbe contro una norma pattizia, se il docente al momento della delibera esprime il suo non interesse si deve ritenere libero dal vincolo che andrà a costituire la delibera.

Io sono molto schietto e credo e dico che a volte invece di lamentarci dei collegi docenti in maniera generale oppure di guardare male il nostro collega quando interviene in una discussione durante il collegio perché “se no si fa troppo tardi”, sarebbe utile una partecipazione più attiva all’interno degli organi collegiali senza fare “passare” tutte le delibere all’unanimità e poi chiedersi come mai si è presa una decisione anziché un’altra.

Approfitto nel dire queste cose perché l’argomento da te esposto me lo consente, ma nel tuo caso ovviamente abbiamo un problema a monte ovvero che tali corsi non sono passati dal collegio docenti e quindi a mio a parere sono illegittimi, sia come organizzazione che come richiesta di frequenza obbligatoria.

Docente di sostegno (AD04) affianca alunno disabile durante le ore di ed. fisica, ma l’alunno non ha difficoltà motorie

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Rossella - Sono un’insegnante di educazione fisica. Nella mia classe è presente un’alunna con ins. sostegno dotata di capacità motorie normali, che non ha difficoltà durante le attività curriculari della mia materia e segue la programmazione della classe, ma il collega (anche lui laureato in scienze motorie), mi affianca ugualmente durante tutte le lezioni: frequentemente, questa situazione crea problemi durante lo svolgimento delle attività didattiche e disorienta sia la classe che all’alunno.

Volevo sapere se in questo caso si può far presente al consiglio di classe che le due ore di affiancamento durante le attività motorie siano invece dedicate all’insegnamento di materie per cui l’alunno ha reali difficoltà di apprendimento.

Inolte volevo sapere, qualora ve ne fossero, quali sono i riferimenti normativi a riguardo. Grazie!

Maria Vitale Merlo (sindacato SFIDA) – L’orario del docente di sostegno si formula in base alle esigenze didattiche dell’alunno con disabilità.

Premesso questo è logico che si privilegiano le discipline in cui presenta maggiori lacune e quindi ha necessità di essere seguito per acquisire/consolidare gli obiettivi programmati. Nelle discipline in cui non ha difficoltà, essendo anche lui un alunno della classe e non del docente di sostegno, è seguito dal docente curriculare.

Mi sembra alquanto anomalo che due ore su diciotto di siano dedicate alla sua disciplina ( senza nulla togliere!), a maggior ragione che in questo senso ( da quanto leggo) non emergono particolari problematiche.

In caso di dubbi sulla distribuzione delle ore di sostegno, basta prendere il PEI e il PDF e andare a verificare quali sono le aree in cui si evidenziano difficoltà. Questi sono i due documenti che in maniera dettagliata mettono in evidenza le potenzialità e le carenze che il ragazzo presenta e da lì bisogna partire.

Ritengo che sia giusto affrontare il discorso in Consiglio di Classe, quella è la sede adatta per far emergere tali problematiche.

Mobilità per neo assunti con decorrenza giuridica 2012

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Simona – Sono una docente della A049 assunta con decorrenza giuridica 2012 ed economica 2013. Lo scorso anno ho presentato domanda di mobilità mi è stata assegnata una cattedra. Posso considerare questa come sede definitiva o devo presentare nuova domanda di mobilità essendo questo il mio anno di prova? nel 2012 lavoravo in una scuola LR. Grazie infinite

Lalla - gent.ma Simona, l’assegnazione della sede definitiva non è legata all’espletamento dell’anno di prova che, per altri motivi, avresti potuto rimandare anche per il corrente anno scolastico.

Se la sede della scuola statale che ti è stata assegnata con le operazioni di mobilità 2013/14 è di tuo gradimento, non devi presentare alcuna domanda.

Se la presenterai, sarà una tua libera scelta quella di spostarti in altra scuola della provincia.

Sono negli elenchi degli ammessi al PAS: domanda per diritto allo studio, eliminare possibili incompatibilità, e iscrizione al corso i prossimi passi

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Federica - Cara Lalla, ti scrivo perchè ho controllato le graduatorie e sono stata ammessa al PAS per la scuola secondaria classe di concorso A346. La domanda è questa: qual’è il prossimo step? ci sarà un test preliminare come quello del concorsone oppure che altro devo fare? ti ringrazio per la disponibilità e ti auguro buon lavoro.

Lalla – gent.ma Federica, l’idea di selezione gli ammessi al Percorso Speciale Abilitante era contenuta nel decreto del 25 marzo 2013, firmato dall’ex Ministro Profumo. Quel decreto però è stato modificato in estate dal Ministro Carrozza, ed è quello che ha dato il via alle iscrizioni.

Pertanto, se il tuo titolo di studio è idoneo all’insegnamento della classe di concorso per la quale ti vuoi abilitare, e i servizi presentati sono utili a raggiungere il requisito richiesto, il prossimo step sarà quella dell’iscrizione al corso presso l’Università alla quale sarai abbinata.

Non conosciamo ancora le Università che si faranno carico di organizzare i corsi perchè gli Atenei avevano tempo fino ad oggi 22 novembre per caricare su un’apposita piattaforma del Ministero la propria offerta formativa. Ricevuti questi dati i candidati saranno abbinati alle Università e si decideranno gli scaglionamenti per le classi di concorso con un numero elevato di aspiranti (prima abilitazione e anzianità di servizio i criteri concordati da Miur e sindacati per stilare la graduatoria), o le aggregazioni per le classi di concorso con un numero esiguo di iscritti. Tutto da decidere invece per infanzia e primaria, data la resistenza da parte degli Atenei. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

PAS: si lavora per garantire corsi per tutte le classi di concorso, infanzia e primaria comprese. Attesa nota diritto allo studio

L’iscrizione all’Università si formalizzerà con il pagamento della tassa per la frequenza. Nel frattempo chi è stato ammesso deve informarsi per l’eventuale congelamento di altri percorsi concomitanti dello stesso anno accademico, in quanto il dm n. 58 del 25 luglio 2013 afferma "La frequenza ai percorsi abilitanti non è compatibile con la frequenza di corsi universitari che si concludano con il rilascio di titoli accademici, ivi compresi i percorsi di cui al dm n. 249/10"

Inoltre qualora tu sia in servizio devi informarti per la presentazione della domanda per usufruire delle 150 di permesso di diritto allo studio. Alcuni USR hanno dato una proroga per consentire la presentazione della domanda. Da parte del Ministero è attesa una circolare ma sai, fino a quando non la vediamo con i nostri occhi…

Esaurita la parte burocratica ci auguriamo che i percorsi possano essere avviati presto, anche se forse nessuno ha dato credito all’ottimismo dimostrato dal Ministero nell’annunciarli per metà dicembre.

PAS: i corsi da dicembre 2013 a giugno 2014. Prima abilitazione e anzianità di servizio criteri per lo scaglionamento. Irrisolto problema corsi infanzia/primaria

OrizzonteScuola pubblica gli aggiornamenti per ogni regione in questa tabella

Ancora chiarimenti sulla fruizione dei permessi 104/92

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Ornella – un’insegnante di scuola primaria. Vorrei sottoporle il mio problema.  Un DSGA avvocato, che ha tenuto un corso d’aggiornamento nel nostro Istituto, ha dichiarato che per ottenere i 3 giorni di permesso relativi alla legge 104, il lavoratore beneficiario  debba necessariamente presentare le autocertificazioni  degli altri familiari che non assistono il disabile.

Ho replicato, leggendogli  anche alcuni  chiarimenti dati da voi, ma “l’avvocato” non si è dato per vinto, dando  così delle indicazioni sbagliate alla DS e alla DSGA del nostro Istituto. Ancora, l’avvocato ha dichiarato che i giorni di permesso della suddetta legge, qualora siano richiesti improvvisamente e, quindi in giorni differenti da quelli programmati, debbano essere giustificati, anche con autocertificazione. Anche in questo caso ho contestato le sue dichiarazioni, sempre  leggendo alcune vostre risposte che riportano giuste  sentenze e leggi. Attendo un vostro chiarimento da poter presentare alla nostra DS, essendo anche io beneficiaria dei permessi della legge 104 per l’assistenza di mia suocera e avendo già in precedenza affrontato e dibattuto  l’argomento  con la mia Dirigente. Grazie.

Paolo Pizzo – Gentilissima Ornella,

in questa risposta credo che abbiamo argomentato abbastanza, con riferimenti di circolari e di leggi che regolano la materia, la nostra tesi.

Piuttosto non riporti su quali basi normative e di legge l’avvocato non si “è dato per vinto”, nel caso ce le inviassi potremmo anche rivedere la nostra posizione.

Per ciò che riguarda invece il secondo punto, devo dire che a mio avviso è abbastanza azzardata la tesi sostenuta, anche questa non supportata da alcuna normativa e addirittura di sicuro oggetto di contenzioso nel caso il dirigente richiedesse davvero una giustificazione del permesso. Non dubito sulla illegittimità della richiesta e preciso che se ciò dovesse accadere il dipendente non deve assolutamente giustificare alcunché.

Questa questione l’abbiamo affrontata in questa FAQ.

 

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